L’Italia dell’ospitalità davanti a nuove strategie

Stranieri e alta gamma salvano l’estate, ma la parziale defezione dei connazionali, a causa del caro-vita, limita i risultati. Albergatori pronti a manovre per le prossime stagioni

Confidenti in un’estate foriera di arrivi e pernottamenti boom, gli albergatori della Penisola hanno dovuto fare i conti con una realtà, il caro-vita per gli italiani. Una realtà che mette, però, al sicuro le strutture luxury, oggi in grado di scongiurare brutte sorprese.

Fra giugno e settembre il tasso di occupazione medio si è assestato sull’80%, contro l’85 del 2022 (ma con un calo al 50% rispetto ai primi sette mesi), riuscendo a incrementare il RevPar di uno, massimo due punti, soltanto grazie a un aumento del 6% circa dell’Adr. Quest’escamotage ha finito, tuttavia, per allontanare, nei mesi di picco estivi, il pubblico italiano, già pesantemente gravato da molteplici rincari del costo-vita nazionale.

Per il settore ricettivo sardo, ma per buona parte degli albergatori italiani, volendo allargare lo sguardo senza troppi arzigogolii, si apre una fase decisamente delicata: posto che non sarà più possibile mettere mano a un rialzo del prezzo delle camere in vista degli ultimi mesi del 2023 e del 2024, la via di resistenza potrebbe consistere in una revisione dei costi e dei servizi complessivi. In una parola, la spending review si è trasformata in una extrema ratio da adottare non solo per i conti pubblici, ma anche privati: a farne le spese potrebbero essere dunque l’offerta alberghiera per gruppi organizzati (troppo cari da gestire, qualora garantiscano soggiorni medio-lunghi), ma anche la ristorazione interna degli hotel (eventualmente sacrificabile a favore di quella esterna), arrivando a una ricontrattualizzazione dei servizi di manutenzione o di portineria.

Siamo di fronte a segnali contraddittori, perché, se i visitatori americani ed europei hanno trainato positivamente l’offerta delle città d’arte anche nei mesi più caldi, le destinazioni mare hanno inevitabilmente risentito del calo italiano e pure tedesco, mentre località luxury come Forte dei Marmi o il Sud dell’Argentario hanno addirittura segnato una sensibile crescita. L’inflazione sta impoverendo il segmento medio-basso e, di riflesso, minaccia l’esistenza di un’intera categoria di alberghi, messa brutalmente a un bivio storico: tagliare i propri costi sino al limite della sopravvivenza, nel caso l’andamento economico permanesse invariato o peggiorasse; riconvertirsi velocemente a categoria lusso, con il rischio, però, di venire poi declassati dai nuovi e severi parametri europei.

Fortunatamente l’immagine turistica dell’Italia resta forte, e potrebbe rappresentare un’ancora di salvezza per il segmento medio-basso, nel caso il Paese riuscisse a intercettare mercati emergenti. Vero è che visitatori coreani o indiani, ad esempio, tendono a privilegiare un’offerta più elevata. A complicare ulteriormente le sorti dell’offerta ricettiva è il forte consolidamento di concorrenti mediterranei come Egitto, Tunisia o l’Albania, divenuti “destinazioni rifugio” per gli italiani.

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